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Mercato di Ercolano: 30 anni di storia e sguardo rivolto al futuro

All'ombra del Vesuvio sorge uno dei più grandi mercati per la commercializzazione dei fiori; da qui passa il 40% del volume d'affari del settore.

L’anno era il 1982, quello della straordinaria impresa azzurra al Santiago Bernabeu di Madrid.

Erano giorni carichi di emozioni, di voglia di fare, di speranza per il futuro. L’Italia intera sembrava in fermento, un’onda lunga di positività attraversava il Paese. Un manipolo di “coraggiosi” all’ombra del Vesuvio decise di rompere gli indugi: i tempi erano maturi per dar vita, nell’are vesuviana, ad uno dei più grandi mercati florovivaistici d’Europa.

Di anni ne sono passati quasi 30, e pure ogni mattina per Salvatore Colonna, tra i padri fondatori e amministratore delegato della Cooperativa Masaniello che gestisce con circa 200 soci (in gran parte campani, ma alcuni provenienti anche da altre regioni come Lazio, Puglia e Calabria) e 22 dipendenti la struttura mercatale ercolanese, l’emozione è sempre la stessa. D’altronde, il caleidoscopio di colori e di forme lascia davvero senza fiato. Fiori , piante, accessori, sono disposti secondo un ordine ben preciso con l’obiettivo di mettere il compratore in condizione di scegliere al meglio. Proprio da qui passa il 40% del volume d’affari del settore che sommato a quello sviluppato dal mercato di Castellammare-Pompei fa quasi il 100% degli scambi a livello nazionale. La Campania, insieme all’area di Amsterdam è leader in Europa per la produzione e commercializzazione del fiore reciso.

«La quasi totalità dei nostri soci – spiega colonna – sono anceh produttori titolari di aziende con serre,  l’80% ubicate sulla costa vesuviana ma con importanti “isole” nel salernitano e nell’agro-nolano.

A loro sono riservate due opzioni: la commercializzazione diretta o il conferimento della merce alla cooperativa.

Per chi sceglie questa seconda possibilità la Coop offre una serie di servizi alla vendita».

Eppure anche nel settore florovivaistico, che sembrava solo lambito dalla profonda crisi che attraversa quasi tutti i mercati, non sono tutti, è il caso di dirlo, rose e fiori.

«La globalizzazione ad esempio spazia- dice ancora Salvatore Colonna – ha portato con sé innegabili effetti positivi, ma anche grandi svantaggi. Molti operatori sono andati a mettere radici nei paesi africani ( Maghreb, Kenya, Eritrea, Egitto), in sud e centro America ( Ecuador  e Columbia), in Asia (Turchia) con obiettivo di sfruttare i vantaggi del clima favorevole, della manodopera a basso costo, degli incentivi governativi. A fronte di questi imponenti aumenti di produzione non vi è stato, però, il contemporaneo sviluppo di nuovi mercati oltre quello tradizionale dell’Occidente.

Ciò ha creato problemi molto seri al nostro settore. Un impasse verso il quale dobbiamo reagire operando scelte chiare: nuovi prodotti, nuove tecniche, sviluppo di nuovo mercati, servizi adeguati, centri di raccolta, selezione del prodotto, programmazione. Ma soprattutto dobbiamo compiere uno sforzo per recuperare le nostre tradizioni, il nostro stile anche nell’utilizzo dei materiali. In queste parole è racchiusa la sfida del futuro. Le possibilità di fronte a noi sono buone, dobbiamo saper cogliere tutte le opportunità e trasformarle in valore aggiunto».

Una menzione a parte per  il rapporto con il mondo dei fioristi. «Sono loro – prosegue colonna – i nostri principali interlocutori, per loro abbiamo allestito all’interno del nostro mercato anche una sala per corsi di formazione e convegni. Una categoria che negli ultimi anni ha fatto grandi passi in avanti mettendo in campo professionalità e talento. Di questo siamo particolarmente contenti: d’altra parte siamo tutti nella stessa barca e tutti dobbiamo remare nella direzione dell’innovazione, della crescita e dello sviluppo».